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OTT

2021

Architetture come icone urbane

Da sempre l’architettura ha avuto un ruolo importante nel consolidare i rapporti di potere all’interno delle società. Partendo dall’osservazione della produzione architettonica contemporanea e in particolare di alcune opere di autori di fama internazionale presentate nel numero, appare evidente come la componente estetica di questi edifici, spesso pervasa da una volontaria autoreferenzialità, costituisca elemento fondamentale e strategico di marketing nei confronti dell’autorialità del progettista, del prestigio della committenza, dell’attrattività del contesto urbano. Esemplari in questo senso sono la galleria commerciale di OMA in Corea del Sud e il centro culturale LUMA ad Arles, in Francia, di Frank Gehry, ma anche il museo atelier Audemars Piguet in Svizzera di BIG, edifici dalle singolari sembianze la cui immagine è fortemente legata al messaggio promozionale richiesto dai rispettivi finanziatori. L’edificio di OMA, un monolite dal carattere scultoreo, gioca sul tema dello spiazzamento attraverso gli effetti materici, ibridando la tipologia classica del centro commerciale multipiano con la presenza di un percorso pubblico che innesca una serie di stimolanti relazioni interno-esterno. Anche Gehry ricorre all’espediente del trattamento scultoreo come unico modo per far emergere la torre che, con la sua fantasiosa geometria, segnala la presenza del nuovo hub dedicato alle arti, finanziato da una facoltosa ereditiera svizzera nella nota cittadina francese di Arles. Un’operazione più sottile ma improntata a principi analoghi è condotta da BIG nell’edificio commissionatogli dalla famosa maison orologiera Audemars Piguet per esporre i propri prodotti e rinnovare l’immagine dell’azienda. In questo caso il contesto offre allo studio l’occasione di progettare un’icona quasi perfetta nel comunicare i valori della storica industria: l’edificio, con un movimento a doppia spirale che allude alla meccanica degli orologi scheletrati, grazie alla copertura completamente verde si integra nel paesaggio circostante dal quale sembra nascere ma da cui si differenzia attraverso la facciata completamente vetrata. L’opportunità di lasciare un segno nei luoghi più disparati del pianeta sembra prevalere sull’impegno richiesto anche all’architetto nell’affrontare le complesse problematiche sociali, economiche e ambientali odierne per ripensare comportamenti e stili di vita. Da queste constatazioni si innescano alcune riflessioni che riguardano il progetto di architettura e la sua capacità di oltrepassare la semplice soddisfazione di bisogni di ordine pratico e contingente legati alle richieste della committenza, per partecipare viceversa di quel più ampio processo di costruzione di una società nuova di cui oggi c’è urgente bisogno. Il progetto può essere tuttora inteso come ricerca sostenuta da una visione sociale e politica o è mera risposta a bisogni di ordine pratico e contingente? L’architetto è ancora in grado di svolgere il ruolo di intellettuale capace, attraverso la costruzione di spazi, di prefigurare i futuri assetti della società? L’idea moderna che l’edificazione dell’architettura e della città possano far parte di un processo più generale di costruzione di una società nuova è da considerarsi definitivamente superata?

 

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