RICOSTRUIRE IN OFFICINA: L’ALTERNATIVA AL CEMENTO ARMATO

saggio introduttivo

Angelo Bertolazzi, Ilaria Giannetti

In Italia, tra il 1945 e il 1949, nell’urgenza della ricostruzione e sulla scorta delle esperienze europee e nordamericane, l’industrializzazione dell’edilizia è al centro del dibattito politico e disciplinare. Alla via americana della costruzione a secco, con sistemi lignei e metallici, si contrappone la via d’oltralpe che, basata sull’industrializzazione della costruzione mista in muratura e cemento armato, si adatta naturalmente al contesto economico e produttivo del settore edilizio nazionale. Su questa seconda via si sviluppa, così, una fervente sperimentazione che, coinvolgendo imprese, progettisti ed enti pubblici, si concentra su soluzioni costruttive industrializzate dedicate alla ricostruzione dell’edilizia di base, in tempi brevi e con costi contenuti. Nonostante i promettenti risultati di alcuni prototipi, nel 1949 l’emanazione del Piano INACasa, trasformando la manodopera edile in un settore di occupazione, esilia nel dibattito teorico le esperienze di industrializzazione e scientifizzazione del processo edilizio. Alla prova del tempo, i prototipi sviluppati in quei pochi anni testimoniano, da un lato, la falsa partenza di un reale processo di industrializzazione dell’edilizia, che cronicizza l’arretratezza tecnologica italiana nella compagine europea, e, dall’altro, le ingegnose soluzioni messe a punto per l’adattamento dell’industrializzazione al cantiere tradizionale italiano.

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