GLI SPAZI DI MEDIAZIONE TRA CASA SOCIALE E CITTÀ

saggio introduttivo

Dario Costi

Nella sua ricerca di modulazione degli ambiti della vita nello spazio della casa Ignazio Gardella disegna una sequenza di momenti destinati ai tempi dell’abitare che attraversano l’alloggio collegandolo alla città e al paesaggio come in un flusso passante di occasioni possibili. Penso innanzitutto al progetto per Cesate, dove lo spazio condiviso si articola intorno alla scala creando una sequenza di condizioni possibili dove cucinare, pranzare, leggere e stare insieme. Trova un punto preciso collocato nell’ambiente comune in base alle logiche di relazione, alle opportunità di illuminazione naturale e di affaccio sull’esterno. Mi soffermo sempre, quando ragiono di questo progetto, sul rapporto con la strada e sulla nicchia che ospita l’ingresso. Tra i gradini e la volta Gardella scava nel muro intonacato un vuoto della misura umana dove anticipare l’affetto della famiglia disponendo alcuni vasi e distendendo un tessuto. È anche però la semplice risposta all’esigenza di ripararsi per aprire la porta e passare senza salti eccessivi dall’ampiezza del cielo al soffitto della casa. La soglia acquista così la dimensione di uno spazio di mediazione e di connessione tra fuori e dentro. Offre un piccolo momento di sosta e protezione, come fosse una camera di decompressione prima di un passaggio di stato, un momento di predisposizione all’intimità domestica1. Prima delle ragioni dell’alloggio, questo rapporto con l’intorno è un luogo prezioso del progetto a cui prestare particolare attenzione. Lo facciamo attraverso una serie di azioni collegate a diverse dimensioni: caricando il progetto delle residenze collettive di un’articolazione urbana delle parti, sviluppando una sovrapposizione il più possibile diffusa della combinazione tipologica tra alloggi di misura differente e attivando un dialogo con l’intorno che caratterizza le configurazioni.

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