DIALOGO TRA GIANNI PETTENA E JAMES WINES

dialogo

Gianni Pettena/James Wines

GP – James e io ci siamo conosciuti alla New York University in occasione di una mia conferenza NEL 1971. Mi aveva invitato Howard Conant, direttore dell’Art Department alla New York University, nel suo corso di Environmental Design. E indovinate chi ci insegnava? James Wines! Alla fine della lecture ci siamo conosciuti, e così è iniziata la nostra amicizia, che dura tuttora.

JW – Ricordo molto bene quella conferenza perché rifletteva tante delle idee in cui credevo anch’io: è stata una felice coincidenza in cui si sono incontrate due persone che la pensavano allo stesso modo. Avevamo in comune un atteggiamento critico nei confronti dell’architettura di quegli anni. Il fatto che arte e architettura fossero completamente separate era conseguenza di un’idea di progetto totalmente “chiuso” in cui la specializzazione impediva l’ingresso a idee di integrazione. Gli architetti allora (e i più lo sono anche ora) erano concentrati sulla forma e sulla struttura, oltre al consueto vocabolario formalista e funzionalista. Partendo da prospettive diverse, Gianni e io stavamo soprattutto creando nuovi livelli di contenuto nei quali l’architettura poteva attingere a una vasta gamma di idee. A quel tempo sia io che Gianni eravamo in contatto e sintonia con gli artisti ambientali: infatti l’iniziativa di creare ibridazioni tra le arti si stava manifestando alla fine degli anni ’60, primi anni ’70 a New York – a Soho in particolare – come a Milano, Firenze, Vienna e Parigi.

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