Particolarmente attento al contesto è il bivacco Fanton ad Auronzo di Cadore sulle
Dolomiti. È rifugio di montagna che non disturba la natura ma, allo stesso tempo, non fa nulla o quasi
per imitarla. Una costruzione artificiale, riflettente per essere facilmente individuata quando la neve
raggiunge i due metri. Certo, non è difficile trovare qualche affinità con le forme naturali circostanti,
ma solo quello che basta per non farlo diventare un oggetto paesaggisticamente arrogante, un pugno
nell’occhio in una natura incontaminata. La forma, e non potrebbe essere diversamente per un
oggetto posto in un ambiente così difficile, risponde a regole di buon funzionamento. Ha il tetto
inclinato per evitare l’accumulo di neve, è su basse palafitte per impedire il contatto con il terreno, è
gradinato all’interno e suddiviso in quattro piazzole per consentire, pur in ambiente unico, di avere
zone funzionali ben individuate. Ma è chiaro che il buon funzionamento è solo il presupposto di una
strategia formale che punta insieme alla semplicità e alla complessità. Che l’idea è costituire un
telescopio dal cui interno di può avere una vista privilegiata verso la valle. E che all’interno sia
accogliente e psicologicamente riposante, cioè caldo e invitante.
Tra i numerosi progetti vi sono poi i nuovi uffici della Guardia di Finanza a Bologna. L’edificio appare
inserito nel difficile contesto periferico. È abilmente scalettato, in modo da avere così anche un
sistema di terrazze pensili con un minore impatto sul paesaggio, mentre gli interni possono affacciarsi
su elementi verdi. A caratterizzarlo è la scala interna. Diversamente dai corpi di fabbrica con la
tradizionale scala che gira su se stessa magari di fronte al corpo degli ascensori, questa, sviluppata in
lunghezza, diventa una passeggiata architettonica che lega in un continuum i diversi piani.
Un elemento felicemente diverso se non morfologicamente contraddittorio. Vi è, poi, la casa AV,
ubicata a Treviso e soprannominata l’Introversa per sottolineare la volontà di realizzare uno spazio
che custodisce la dimensione privata di chi la abita. Quindi tutto l’opposto di una Glass House.
DEMOGO ama la compattezza dei volumi e, in generale, nella produzione dello studio a prevalere è
la componente opaca. Pur essendoci anche vetrate di ampie dimensioni, è raro che queste diventino
intere pareti. Nella casa AV i materiali sono esaltati nella loro capacità di produrre configurazioni
astratte. Si osservi per esempio come i pavimenti si raccordano alle pareti e queste ai gradini della
scala, la scelta di balaustre semplici e raffinate, il disegno degli infissi e la tettoia che taglia il volume
della costruzione. L’edificio tuttavia faticherei a classificarlo come minimalista, manca e volutamente,
come dicevamo in apertura, la volontà di ridurre la costruzione a una formula, a un semplice fatto di
stile. Anche perché l’architettura per DEMOGO deve essere percepita come un sistema di differenti
micro eventi tra loro articolati.