26 Marzo 2025

Città pubblica, città normale

dalla rubrica ÓLTREGENERE, a cura di Lucia Krasovec-Lucas

Il pensiero progettuale di Guendalina Salimei non può che ricollegarsi a un’altra pioniera, Lina Bo Bardi, che aveva tenacemente perseguito la concretizzazione della sua carriera verso un’architettura collettiva, intesa come atto culturale che si differenzia dalla violenta imposizione della cultura di alcuni sugli altri, come individualismo arrogante. Sicuramente ritroviamo in entrambe la stessa passione per l’architettura e la ricerca di soluzioni che ristabiliscano connessioni e dinamismo concreti, attraverso un linguaggio fluido e leggero.
Cosa vuol dire veramente progettare per la collettività? Il riuso può venir inteso come un antidoto potente contro il dilapidare delle risorse comuni e gli eccessi indotti dai capricci del mercato? Con il TStudio, fondato insieme ad amici e colleghi dell’università, da tempo mi occupo di temi che riguardano la riprogettazione del limen, quel “margine” inteso come potenzialità di cambiamento che va dal Km Verde al Corviale all’housing sociale di via Bembo a Roma e poi a Ceccano, a Taranto e a Messina; passando per i riusi di grandi complessi storici – quali l’ex convento di San Benedetto a Ferrara e il antico nucleo di Sant’Angelo Magno ad Ascoli Piceno – e monumentali, come i beni all’interno del Concentrico di Stupinigi e il Museo Egizio entrambi a Torino. In ognuno di questi interventi è stato fondamentale capire come il passato informi il presente e il futuro. Ci sono segnali forti che arrivano dai luoghi in cui siamo chiamati a progettare, soprattutto sociali, che non possiamo disattendere poiché sono parte integrante delle matrici nelle quali innestare nuova vita. La questione abitativa pubblica, in particolare, ha urgente necessità di venir nuovamente esplorata e intesa come capitale non solo immobiliare, ma soprattutto umano, e quindi architettonico, urbanistico e culturale. Questo patrimonio, non solo di alloggi ma anche di servizi e spazi pubblici, deve essere riscoperto e attualizzato negli usi e nel contesto in cui si colloca, con progetti sperimentali che ne riscoprano le potenzialità divenendo guida per il futuro.

Immagini di realizzazioni di Guendalina Salimei con TStudio: L’integrazione tra antico e nuovo alla Fabbrica dell’Annunziata a Foligno (2007- 2013) e il “chilometro verde” a Corviale, Roma (2015- in corso). In apertura, dettaglio dei listelli di cotto colorato di facciata del Centro Civico di Monte San Giovanni Campano (2015-2021)

Architettura, coesione, ricerca: il Corviale, ad esempio, è diventato uno dei simboli del riscatto della periferia urbana rappresentato dal tuo Kilometro verde che innesta sapientemente creatività e risorse contaminanti. Oggi come possiamo anticipare buoni risultati? Il Corviale è un esperimento continuo nell’avvicendarsi di storie di comunità che si affrancano in una presa di coscienza necessaria. Rappresenta quindi un modello di approccio alla criticità dell’esistente, considerando, a diverse scale, ciò che già esiste e che per questo “sta” ed è insito in un determinato luogo ma non ancora attivo. Gli spazi comuni e la natura/il verde, in questo caso ritratti metaforicamente, sono elementi che da sempre rappresentano l’infrastruttura sociale e intima di un luogo. Oggi spetta a noi reinnestare con buon senso le “parole buone” capaci di ri-costruire e ri-generare la rete di alleanze attive, visibili e invisibili, che ci faranno vivere al meglio quei luoghi.

Questo articolo è pubblicato in l’industria delle costruzioni 496 -Città in Scena – dic/mag 2024

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